Un quartiere dormitorio sotto la luna.
Palazzi come schiere di casermoni nella desolazione di una periferia senza contorni.
Passa un aereo, svelando da un cielo lontanissimo il punto di arrivo di quel reticolato urbano giunto ai suoi estremi gangli.
Tonón è ospite in un istituto teologico che, in quella dimensione fatta di assenze, pare immerso in una grazia placida.
L’aria notturna è fresca, frizzante: sa proprio di quasi primavera.
In fondo, oltre gli alberi, un condominio in particolare ha la luce dei balconi cangiante, da rosso a viola fino a blu, poi verde, giallo, arancio e cremisi, in un ciclo infinito.
Un fruscio, il lampo di un ricordo di una vita fa: Giuliana che a piedi nudi attraversa la stanza.
Tonón si volta: in un angolo, una Vergine Maria col cuore immacolato sul petto e senza una mano, con Gesù consunto nell’altro braccio, il legno marcio a pezzi.
Il tempo è impietoso anche coi simboli dell’eternità.
“Tu sai, io non so; Tu sai. Un giorno, spero di sapere anch’io”.
Un deferente inchino, e Tonón rientra in camera: anche stanotte, ha pagato il suo tributo all’insonnia.
Nessuno lo sa, ma negli spiragli della desolazione lui riesce a trovare l’infinito, e questo gli fa assaporare la felicità.
#granelliDiStorie #storieDiTonón